La censura è stata insomma necessaria per obbedire, ancora una volta, alle tanto discusse takedown notice usate - e secondo qualcuno abusate - dai legali dell'industria dell'intrattenimento per intimidire e costringere le dotcom a tirare giù i contenuti a loro sgraditi o ritenuti illegali.
Quello che Adelson non poteva invece prevedere era la sollevazione popolare con cui i suoi utenti gli avrebbero sbattuto in faccia la realtà che sta alla base di un successo come Digg.com: in un contesto democratico, se i netizen scelgono di pubblicare qualcosa che non va giù ai soliti noti, Digg non può far altro che dare spazio a queste voci. Pena la cancellazione di centinaia di account e lo stop delle pubblicazioni per impossibilità di proseguire normalmente.
Strigliato dai flame inviperiti della sua stessa community, Digg ha dovuto infine capitolare: Kevin Rose, co-fondatore del portale, ha fatto pubblica ammenda sul blog con un post dal titolo piuttosto significativo: "È stata una giornata folle", dice, e confessa come sia stata una decisione sofferta quella di rispondere alla diffida dell'industria con la rimozione delle news story interessate. "Dovevamo dare un segno, e nei nostri desideri per evitare uno scenario in cui Digg avrebbe potuto essere bloccato o buttato giù, abbiamo deciso di obbedire e rimuovere le storie con il codice".
"Ma ora - continua Rose - dopo aver visto migliaia di storie e aver letto migliaia di commenti, ce lo avete reso chiaro. Preferite vedere Digg combattere piuttosto che piegarsi ad una megacorporazione. Noi vi ascoltiamo, e in pratica da questo momento non cancelleremo più storie e commenti contenenti il codice incriminato ed affronteremo le conseguenze qualunque esse siano".
Meglio morire provandoci, conclude Kevin Rose, piuttosto che obbedire ciecamente ai voleri del potentato economico dell'entertainment. Grazie soprattutto all'incredibile impulso che Digg ha ricevuto dalla sua battagliera comunità di utenti.
Alfonso Maruccia per PuntoInformatico.it
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sabato 5 maggio 2007
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