"Invito il Governo israeliano alla moderazione", dice Ratzinger (Repubblica.it), e «Gli scontri tra fazioni palestinesi nella Striscia di Gaza - ha sottolineato il pontefice - e i lanci di razzi contro gli abitanti delle vicine città israeliane, ai quali si è reagito con l'intervento armato, stanno provocando un sanguinoso deterioramento della situazione, che lascia sgomenti». (Corriere.it)
(La vignetta di Tony Zanca, qui a fianco è tratta da http://www.bispensiero.it - Per chi volesse approfondire l'argomento e le fonti ecco la lettera del Pontefice (allora Cardinal Ratzinger) De Delictis Gravioribus, datata 2001.)
E intanto succede che: Negli ultimi giorni i miliziani di Hamas e di altre fazioni palestinesi hanno sparato complessivamente contro la città di Sderot e gli insediamenti israeliani agricoli vicini oltre 130 razzi. E oggi il ministro della Difesa israeliano Amir Peretz ha proclamato lo "stato di eccezione" nelle zone di Israele confinanti con la striscia di Gaza. Questo significa che passa alle autorità militari la prerogativa di una serie di provvedimenti che di norma spettano alle autorità municipali: fra questi, la decisione di aprire o meno le scuole, mentre resta elevato il rischio di lanci di razzi palestinesi dalla striscia di Gaza, proseguito anche oggi. (Repubblica.it)
Il Vaticano ha una lunga esperienza in fatto di moderazione dei conflitti, come si vide in Jugoslavia, ed è preoccupante che torni a volersene occupare:
Al papa ricordiamo anche che gli unici conflitti che ivi sono scoppiati, nella ex Jugoslavia, avevano una radice evidentissima nel rafforzamento dell’identità cattolica, ortodossa e islamica di croati, serbi e bosniaci. Altrove, in Paesi cattolici come Ruanda e Burundi, soltanto qualche anno fa si è consumato un genocidio con centinaia di migliaia di vittime. (http://www.uaar.it/uaar/comunicati_stampa/20060602/)
Suggerimenti per una cronologia essenziale delle responsabilità del Vaticano
La beatificazione di Alojzije Stepinac, con una LETTERA APERTA AL PAPA
Sul potere temporale della Chiesa nella Croazia di Tudjman
Un po' di storia: cronologia essenzialeNel 1991 scoppia la guerra. Il papa parla all'Angelus delle "legittime aspirazioni del popolo croato". Il riconoscimento ufficiale della Croazia indipendente da parte del Vaticano avviene il giorno di Natale dello stesso anno (un regalo natalizio?), insieme al riconoscimento tedesco ed austriaco e contro il parere del resto della comunità internazionale, almeno apparentemente: gli altri paesi si adegueranno dopo sole due settimane. (http://digilander.libero.it)
La Chiesa cattolica, il potente Vaticano, sono molto attivi nell'espansione dell'ecumenismo e, nello stesso tempo, di un forte anticomunismo... Soltanto chi è cieco per ignoranza non può ravvisare l'eccezionale ruolo attivo del Vaticano nei Balcani, particolarmente sul territorio dell'ex-Jugoslavia (sia verso l'ortodossia che verso l'Islam). Era da molto tempo, nella storia, che non si assisteva ad una così impetuosa, aperta e aggressiva ascesa delle principali religioni monoteiste anche su questi nostri spazi. (http://www.bulgaria-italia.com/fry/sfrj/sfrj_05.htm)
La chiesa cattolica sta proteggendo il ricercato per crimini di guerra nella ex-Yugoslavia, il generale croato Ante Gotovina. L’accusa viene direttamente dal procuratore capo del tribunale dell’Aya Carla Del Ponte. La Santa Sede smentisce.
Carla del Ponte, procuratrice generale del Tribunale Penale Internazionale (TPI) dell’Aia, ha accusato il Vaticano di proteggere Ante Gotovina, ex generale croato e uno dei massimi ricercati per crimini di guerra nell’ex Jugoslavia.
Il Vaticano si rifiuta di collaborare, ha dichiarato la Del Ponte al quotidiano britannico Daily Telegraph: "Secondo informazioni da me ottenute, Gotovina è nascosto in un convento francescano in Croazia e quindi il Vaticano lo sta proteggendo. Mi sono rivolta al Vaticano, ma si rifiuta totalmente di collaborare", ha detto la procuratrice dell’Aia, che dopo essersi rivolta persino a Papa Benedetto XVI ha deciso di rendere pubblica la questione.
Il generale Gotovina, 49 anni, è latitante dal 2001, quando il TPI lo incriminò per crimini di guerra con l’accusa di aver organizzato l’uccisione di 150 serbi e la deportazione di alcune migliaia di loro.
Aldo Sincovich, giornalista esperto di balcani e Vaticano, sul caso Gotovina protetto dalla Santa Sede. Un’intervista di Lorenzo Anania.
[ audio 01 ]
Da Rijeka Giacomo Scotti, giornalista, sulle reazioni Vaticano Croazia. Un’intervista di Lorenzo Anania.
[ audio 02 ] (http://www.globalproject.info/art-5748.html)
Questo ex-avvocato zagrebino, che negli anni '30 addestrò le sue bande soprattutto in Italia, fece uccidere nel 1934 a Marsiglia il re Alessandro di Jugoslavia in un attentato che costò la vita anche al ministro degli Esteri francese. Due anni più tardi celebrò con un libello le glorie di Hitler, "il più grande ed il migliore dei figli della Germania", e ritornò in Jugoslavia nel 1941, rifornito da Mussolini con armi e denari, al seguito dell'occupante tedesco. Da despota assoluto Pavelic si pose nella cosiddetta Croazia Indipendente a capo di tre milioni di Croati cattolici, due milioni di Serbi ortodossi, mezzo milione di Musulmani bosniaci nonchè numerosi gruppi etnici minori. Nel mese di maggio cedette quasi la metà del suo paese con annessi e connessi ai suoi vicini, soprattutto all'Italia, dove con particolare calore fu accolto e benedetto da Pio XII in udienza privata (benchè già condannato a morte in contumacia per il doppio omicidio di Marsiglia sia dalla Francia che dalla Jugoslavia). Il grande complice dei fascisti si accommiatò da lui e dalla sua suite in modo amichevole e con i migliori auguri, letteralmente, di "buon lavoro".
Così ebbe inizio una crociata cattolica che non ha nulla da invidiare ai peggiori massacri del Medioevo, ma piuttosto li supera. Duecentonovantanove chiese serbo-ortodosse della "Croazia Indipendente" furono saccheggiate, annientate, molte trasformate persino in magazzini, gabinetti pubblici, stalle.
Duecentoquarantamila Serbi ortodossi furono costretti a convertirsi al cattolicesimo e circa settecentocinquantamila furono assassinati. Furono fucilati a mucchi, colpiti con la scure, gettati nei fiumi, nelle foibe, nel mare. Venivano massacrati nelle cosiddette "Case del Signore", ad esempio duemila persone solo nella chiesa di Glina. Da vivi venivano loro strappati gli occhi, oppure si tagliavano le orecchie ed il naso, da vivi li si seppelliva, erano sgozzati, decapitati o crocifissi. Gli Italiani fotografarono un sicario di Pavelic che portava al collo due collane fatte con lingue ed occhi di esseri umani.
Anche cinque vescovi ed almeno 300 preti dei Serbi furono macellati, taluni in maniera ripugnante, come il pope Branko Dobrosavljevic, al quale furono strappati la barba ed i capelli, sollevata la pelle, estratti gli occhi, mentre il suo figlioletto era fatto letteralmente a pezzi dinanzi a lui. L'ottantenne Metropolita di Sarajevo, Petar Simonic, fu sgozzato. Ciononostante l'arcivescovo cattolico della città di Oden scrisse parole in lode di Pavelic, "il duce adorato", e nel suo foglio diocesano inneggiò ai metodi rivoluzionari, "al servizio della Verità, della Giustizia e dell'Onore".
Le macellerie cattoliche nella "Grande Croazia" furono così terribili che scioccarono persino gli stessi fascisti italiani; anche alti comandi tedeschi protestarono, diplomatici, generali, persino il servizio di sicurezza delle SS ed il ministro degli Esteri nazista Von Ribbentrop. A più riprese, di fronte alle "macellazioni" di Serbi, truppe tedesche intervennero contro i loro stessi alleati croati.
E questo regime - che ebbe per simboli e strumenti di guerra "la Bibbia e la bomba" - fu un regime assolutamente cattolico, strettamente legato alla Chiesa Cattolica Romana, dal primo momento e sino alla fine. Il suo dittatore Ante Pavelic, che era tanto spesso in viaggio tra il quartier generale del Führer e la Berghof hitleriana quanto in Vaticano, fu definito dal primate croato Stepinac "un croato devoto", e dal papa Pio XII (nel 1943!) "un cattolico praticante". In centinaia di foto egli appare fra vescovi, preti, suore, frati. Fu un religioso ad educare i suoi figli. Aveva un suo confessore e nel suo palazzo c'era una cappella privata. Tanti religiosi appartenevano al suo partito, quello degli ustasa, che usava termini come dio, religione, papa, chiesa, continuamente. Vescovi e preti sedevano nel Sabor, il parlamento ustasa. Religiosi fungevano da ufficiali della guardia del corpo di Pavelic. I cappellani ustasa giuravano ubbidienza dinanzi a due candele, un crocifisso, un pugnale ed una pistola. I Gesuiti, ma più ancora i Francescani, comandavano bande armate ed organizzavano massacri: "Abbasso i Serbi!". Essi dichiaravano giunta "l'ora del revolver e del fucile"; affermavano "non essere più peccato uccidere un bambino di sette anni, se questo infrange la legge degli ustasa". "Ammazzare tutti i Serbi nel tempo più breve possibile": questo fu indicato più volte come "il nostro programma" dal francescano Simic, un vicario militare degli ustasa. Francescani erano anche i boia dei campi di concentramento. Essi sparavano, nella "Croazia Indipendente", in quello "Stato cristiano e cattolico", la "Croazia di Dio e di Maria", "Regno di Cristo", come vagheggiava la stampa cattolica del paese, che encomiava anche Adolf Hitler definendolo "crociato di Dio". Il campo di concentramento di Jasenovac ebbe per un periodo il francescano Filipovic-Majstorovic per comandante, che fece ivi liquidare 40.000 esseri umani in quattro mesi. Il seminarista francescano Brzien ha decapitato qui, nella notte del 29 agosto 1942, 1360 persone con una mannaia.
Non per caso il primate del paradiso dei gangsters cattolici, arcivescovo Stepinac, ringraziò il clero croato "ed in primo luogo i Francescani" quando nel maggio 1943, in Vaticano, sottolineò le conquiste degli ustasa. E naturalmente il primate, entusiasta degli ustasa, vicario militare degli ustasa, membro del parlamento degli ustasa, era bene informato di tutto quanto accadeva in questo criminale eldorado di preti, come d'altronde Sua Santità lo stesso Pio XII, che in quel tempo concedeva una udienza dopo l'altra ai Croati, a ministri ustasa, a diplomatici ustasa, e che alla fine del 1942 si rivolse alla Gioventù Ustasa (sulle cui uniformi campeggiava la grande "U" con la bomba che esplode all'interno) con un: "Viva i Croati!". I Serbi morirono allora, circa 750.000, per ripeterlo, spesso in seguito a torture atroci, in misura del 10-15% della popolazione della Grande Croazia - tutto ciò esaurientemente documentato e descritto nel mio libro La politica dei papi nel XX secolo [Die Politik der Pëpste im XX Jahrhundert, Rohwohl 1993 - non ancora tradotto in italiano]. E se non si sa nulla su questo bagno di sangue da incubo non si può comprendere ciò che laggiù avviene oggi, avvenimenti per i quali lo stesso ministro degli Esteri dei nostri alleati Stati Uniti attribuisce una responsabilità specifica ai tedeschi, ovvero al governo Kohl-Genscher. Più coinvolto ancora è solo il Vaticano, che già a suo tempo attraverso papa Pio XII non solo c'entrava, ma era così impigliato nel peggiore degli orrori dell'era fascista che, come già scrissi trent'anni fa, "non ci sarebbe da stupirsi, conoscendo la tattica della Chiesa romana, se lo facesse santo".
Comunque sia: il Vaticano ha contribuito in maniera determinante alla instaurazione di interi regimi fascisti degli anni venti, trenta e quaranta. Con i suoi vescovi ha sostenuto tutti gli Stati fascisti sistematicamente sin dal loro inizio. E' stato il decisivo sostenitore di Mussolini, Hitler, Franco, Pavelic; in tal modo la Chiesa romano-cattolica si è resa anche corresponsabile della morte di circa sessanta milioni di persone, e nondimeno della morte di milioni di cattolici. Non è un qualche secolo del Medioevo, bensì è il ventesimo, per lo meno dal punto di vista quantitativo, il più efferato nella storia della chiesa. (http://www.ecn.org/est/balcani/jugo/jugo03.htm)
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