à propos de la "ligne jaune" franchie par Nicolas Sarkozy sur la "fatalité génétique", des propos de Raymond Barre sur les juifs, de la déferlante patriotique, de la "lepnisation" des esprits, de "l'idéologie française", de l'Europe, de la crise de la démocratie directe
Bernard Henri Lévy - Franc Parler - (09/04/07
Questo popolo che si diceva stanco, sfiduciato, depoliticizzato, queste maggioranze indecise, quest'Uomo politicus in agonia che avrebbe dovuto cedere il passo al telespettatore e al blogger, ebbene no, questo popolo vive e ci parla — come dirlo altrimenti? — di tutto il suo amore per la politica. Ripenso al Kant di «Che cos'è l'Illuminismo». Ripenso all'ingresso nell'età adulta, senza tutori, del cittadino emancipato, libero dalle catene del pensiero preconfezionato. Finalmente!
(dal Corriere della Sera del 24 aprile 2007)
Bernard Henry Lévy
Rimandi / Bernard Henry Lévy: "Addio Unione di Sinistra"
Recensioni
Bernard-Henry Lévy, Il Secolo di Sartre, Milano, Il Saggiatore, 2004
A cura di Claudio Tognonato
Claudio Tognonato - La ricerca di un uomo libero, Il Manifesto, 21 aprile 2004, p.14
Tradotto il libro di Bernard-Henry Lévy dedicato a Jean-Paul Sartre
Il secolo in salotto: secondo Lévy, l'amore per la libertà del filosofo considerato l'incarnazione dell'intellettuale impegnato, lo avrebbe spinto nelle braccia dello stalinismo.
Pochi si meravigliavano quando in una scena della Battaglia di Algeria, di Gillo Pontecorvo, un ufficiale francese domandava: "cosa ha scritto oggi Sartre?"
Erano gli anni Sessanta e Jean-Paul Sartre rappresentava il pensiero anti-istituzionale, la critica inesorabile, l'intellettuale ribelle e scomodo di cui non si poteva fare a meno. Vita e opera hanno lasciato un segno decisivo al punto che Bernard-Henry Lévy designa il ventesimo secolo come Le Siècle de Sartre (Il secolo di Sartre, tradotto da Roberto Salvatori per il Saggiatore, pp. 550, 25 euro), parafrasando il celebre volteriano Le Siècle de Louis XIV.
Forse i secoli non hanno proprietari e non possono ridursi a un personaggio, forse Sartre, che nel 1964 ha rifiutato il Nobel per la letteratura, sarebbe stato contrario a bollare il secolo con il suo nome. Sartre resta comunque un testimone d'eccezione e la sua monumentale opera, che ha contribuito a modellare la sua epoca, continua a suscitare dibattito nei nostri giorni.
Il lavoro di Bernard-Henri Lévy (BHL per i media di oltralpe) uscito in Francia nel gennaio 2000 aveva aperto i fuochi d'artificio per celebrare il ventennale della morte di Sartre. Accompagnato da numerosi articoli in giornali e riviste che parlavano del ritorno a Sartre, della rinascita dell'impegno e del ruolo critico dell'intellettuale, l'operazione ha funzionato e BHL ha venduto migliaia di copie. Si sa che viviamo nell'impero della "razionalità" economica. In Italia l'uscita del libro si proietta invece sul centenario della nascita del filosofo francese che avverrà il prossimo anno.
BHL faceva parte di quei nouveaux philosophes che negli anni `70 hanno duramente polemizzato con lo stesso Sartre. Lévy si definisce un filosofo libertino "figlio naturale di una coppia diabolica, il fascismo e lo stalinismo". Oggi l'immagine del filosofo silenzioso, misurato e saggio non ha successo. Nella società dello spettacolo a vincere è sempre il dandy dalla risposta semplice e pronta.
Già la copertina de Il secolo di Sartre nell'edizione italiana è indicativa del personaggio: al volto di Sartre in bianco e nero si sovrappone una foto a colori di BHL di qualche anno fa, quando la sua folta capigliatura era ancora nera. Anni fa il sociologo Pierre Bourdieu aveva sentenziato un lavoro di BHL sull'Algeria "l'antitesi assoluta di ciò che definisce un intellettuale". Ma sarebbe ingiusto dire che Lévy è solo questo. L'autore de Il secolo di Sartre è anche uno scrittore con alle spalle più di 30 opere e un impegno permanente nella difesa dei diritti umani degli oppressi, dalla creazione nel 1980 di "Action International contre la Faim" a quella di "Sos Racisme" nel 1984.
L'edizione francese del libro ha per sottotitolo "una ricerca filosofica" da cui si deduce che non si tratta semplicemente di una biografia, invece nell'edizione italiana il sottotitolo non è più quello ma semplicemente "l'uomo, il pensiero, l'impegno". In realtà Il secolo di Sartre è il tentativo di descrivere, attraverso il racconto di una vita, come la posizione filosofica e politica dell'autore di L'Essere e il Nulla si sia negli anni trasformata. Sartre stesso confessa nelle ultime pagine delle Parole di voler indagare la ragione che l'ha indotto a pensare sistematicamente contro se stesso, al punto di misurare l'attendibilità di un'idea in base al dispiacere che essa gli procurava.
La concordanza, il restare fedele a quanto era stato scritto non erano per Sartre valori da rispettare. Spesso ci si chiede a quale Sartre si fa riferimento o qual è quello vero e la risposta non è facile. Le sue opere si costruiscono una sopra l'altra, si sovrappongono e perfino si contraddicono. Si potrebbe dire con Sartre che nel campo dell'umano "il superamento conserva il superato", che ogni affermazione ha dietro di sé una negazione che la sostiene e la giustifica, che il pensiero solo può esistere come mutamento in atto, come pensiero vissuto.
In questo fluire BHL individua due periodi, o meglio due Sarte e si chiede perché "quel uomo libero, il ribelle, il personaggio scintillante... volti le spalle a ciò che costituiva il suo momento di grazia e diventi il grande traviato, complice dei peggiori stalinisti". Secondo Lévy, Sartre "non dice: c'è un evento, ed ecco quale, che ha fatto di me un antidemocratico e una carogna".
Il punto di svolta, spiega BHL, si è prodotto durante la guerra e più precisamente si è cristallizzato in Bariona, la pièce scritta per essere rappresentata nel campo di concentramento durante il Natale, essa "è il luogo in cui, non soltanto si realizza, ma si esprime e si esplicita, tutto il senso della sua conversione."
In un'intervista concessa a Michel Contat nel 1975 Sartre spiega in che consiste questa "conversione" che ha diviso la sua vita in due: "È in guerra, se vogliamo, che sono passato dall'individualismo e dall'individuo puro di prima della guerra al sociale, al socialismo. È questa la vera svolta della mia vita". Sartre tra i compagni di prigionia si sente sperduto nella massa, partecipa alla vita comunitaria e impara la solidarietà. Con gli anni queste percezioni si consolideranno in un nuovo punto di vista che dalla libertà quasi metafisica si sommergerà nel mondo. Sartre capisce che la libertà, per essere tale, dev'essere sociale.
Gruppo Ricerca Sartre
Nessun commento:
Posta un commento