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(i link alle pagine web o alle immagini possono risultare datati e dunque errati)

lunedì 26 maggio 2008

Italia art books cyber urban cyborg cyberpunk... Post Utopia in Second Life

About Jean Cocteau's "Opium"

Post Utopia

[ITA] Estratti dall’articolo di Sara Ugolini: La rappresentazione del corpo sofferente in due opere di Jean Cocteau: «Maison de santé» e «Oppio» - L’articolo completo è disponibile online sul sito http://www.psicoart.unibo.it/


<Cocteau è stato – come è noto – un artista particolarmente prolifico, la cui
creatività si è espressa in molteplici campi: la poesia, la scrittura teatrale e
saggistica, il cinema e all’interno delle arti visive esplorando pressoché tutte
le tecniche, dalla pittura all’affresco, dal disegno alle arti applicate. Oltre a
ciò egli è stato un tenace consumatore d’oppio. (…) Della sua assuefazione alla
droga e dei relativi tentativi di disintossicazione rimangono numerosi
riferimenti sparsi nei suoi scritti e due opere che ne costituiscono la
testimonianza privilegiata: una raccolta di trentuno disegni realizzati durante
il soggiorno alle “Thermes Urbaines”, pubblicati nel 1926 e quarantatrè
successive creazioni grafiche accompagnate da un testo, comparse nel 1930
con il titolo Opium. (…) L’indicazione fornita da Cocteau nel prologo di «Opium»
risulta particolarmente interessante, alludendo a due finalità dell’opera,
distinte in base ai mezzi espressivi utilizzati. Mentre la scrittura serve a
Cocteau a documentare l’esperienza in clinica e contiene il tempo della
riflessione, la parte grafica nasce un bisogno quasi di natura
“psicofisiologica”, manifestandosi come una sorta di scarica emozionale
spontanea. Afferma infatti Cocteau che i disegni contenuti in «Opium» sono
da considerarsi “urla di dolore al rallentatore” (…) La figura dell’artista –
nelle riflessioni di Cocteau – si trova (…) a condividere molti dei tratti
dell’oppiomane deciso a disintossicarsi. Non soltanto l’alterazione oppiacea
viene assimilata al potere degli artisti di “cambiarsi in ciò che vogliono”, ma
anche il senso di impotenza, di incontrollabilità che è proprio del soggetto
dipendente da droghe viene impiegato per descrivere la posizione del poeta
in rapporto all’ispirazione. E ancora, la sofferenza che sperimenta
l’organismo una volta interrotto il consumo di droga viene ad essere, nelle
parole di Cocteau, un elemento necessario all’interno del processo creativo,
ciò che serve a dare “muscolosità allo spirito”.>


[ENG] Translated abstract from Sara Ugolini’s paper: “The representation of the suffering body in two works from Jean Cocteau: “Maison de Santé” and “Opium”. The paper is available online (in Italian) at http://www.psicoart.unibo.it/
<We all know that Cocteau was a very productive artist, who espressed his creative talent in a number of different fields: poetry, theatre and essay writing, cinema and visual arts, of which he explored almost all techniques, from oil to fresco painting, from drawing to artcrafts. On top of this, he was a dogged opium user. He referred to his addiction and to the treatments he received in a number of his writings, and fully dedicated to this topic two of his works: a collection of thirty-one drawings he made while he was hospitalized at the Thermes Urbaines, published in 1926, and forty-three subsequent graphic creations, complemented by a text, that were published in 1930 with the title “Opium”. (…) In the foreward to Opium, Cocteau gives us an interesting indication about two different aims for his work, each one pursued through a different mean of expression. While the written part documents his clinical experience and is framed by the time of thoughts, the graphic part springs out from an almost “psycho-physiological” need , a sort of spontaneous emotional discharge. He says that the drawings in Opium are to be considered as “screams of pain in slow-motion” (…) According to his reflections, an artist has much in common with a person addicted to opium who decides to undergo a treatment. Not only Cocteau assimilates the drugs effect with the power artists have to “change themselves into whatever they want”, but he also uses the perception of being powerless, the loss of control that comes from addiction to describe the position of the poet when facing inspiration. Further more, the pain the body experiences after interrupting the usage of drugs becomes, in his words, a necessary element of the creative process, what is needed to give “muscles to the spirit”.>


http://slurl.com/secondlife/Post%20Utopia/78/78/47

Progetto per Post Utopia

Per chi ha letto George Perec o Foucault parole come archivio, dispositivo hanno un significato denso e pieno. Se poi si associa la parola follia la cosa diventa ancora più complessa.

Semplificando: Second Life (per come nasce) è uno spazio dove la parola archeologia non ha alcun significato in quanto non ci sono ancora tracce, sedimentazioni, depositi da interpretare. Per il momento almeno. In una sorta di archeologia a rovescio, dove cioè non essendoci nulla si devono depositare segni tracce e contenuti, Second Life diventa per noi il luogo dove portare e organizzre una conoscenza su un tema importante, spinoso, di frontiera: l’Outsider Art. Uso il termine anglosassone per allontanare le mille possibili varianti di significato all’interno di questo universo (specialmente nel contesto italiano).
Di cosa stiamo parlando?
Operativamente: stiamo - Ginevra Lancaster, Maurizio Giuffredi e io - lavorando per aprire a Post Utopia, venerdi’ 23 maggio, uno spazio espositivo dedicato all’outsider art, in concomitanza con il Festival della Psicologia che si terrà a Bologna dal 23 al 25 e che tratterà anche questo tema.
L’outsider art è “arte” prodotta da persone socialmente emarginate. Tipicamente si tratta di pazienti psichiatrici, per i quali l’arte rappresenta un canale preferenziale di espressione e comunicazione. Viene anche chiamata in 1000 altri modi: arte irregolare, art brut, visionary art, raw art, ecc…
All’estero sono, tanto per cambiare, parecchio più avanti di noi: musei dedicati, gallerie che vendono le opere anche online, e spesso si tratta di progetti no-profit, o comunque collegati a istituzioni.
Ma anche in Italia qualcosa si sta muovendo.
Quel che vogliamo fare è creare a PU un hub di informazione sul tema, che sia pero’ anche uno “spazio di esperienza”.
Un tassello in più per riempire e organizzare i contenuti all’interno dello spazio sintetico (SL) in forma di archivio tridimensionale, dove la conoscienza concettuale si accompagna sempre ad una esperienza emozionale. Organizzare contenuti, archiviare dati ma anche fornire uno strumento di conoscenza.

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