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nelle pagine dell'archivio si ritrova la storia di
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dal 1996 al 2000
(i link alle pagine web o alle immagini possono risultare datati e dunque errati)

venerdì 23 aprile 2010

Brescia, i bresciani, Lega e razzismo. Il rinascimento italiano puo’ ripartire soltanto da Firenze, ma forse anche da Brescia

Marmentino

Marmentino

Voglio spezzare una lancia a favore di Brescia e dei bresciani. La Lega, sui ‘media’, e Brescia, sembrano legati a doppia mandata, come se la Lega fosse nata a Brescia, e i Bresciani fossero i rappresentanti del peggiore razzismo. Come direbbe il sindaco ‘a modino’ di Firenze, Renzi, mi imbelvisco.

Brescia oltretutto ha moltissimo in comune con Firenze, e con il Rinascimento italiano.

Città e valli industriali da sempre’, e da a sempre anche fertile terra di agricoltura e allevamenti, invasa e attraversata da popolazioni dei 4 angoli della terra, da tempo immemorabile.

I Bresciani sono ’schietti’, si dicono le cose ‘in faccia’, e questa schiettezza, come si vede nei numerosi servizi televisivi, contagia anche i nuovi immigrati.

Ho avuto modo negli ultimi decenni di vedere immigrati in molte città italiane, e francamente l’equilibrio di relazioni umane che si è realizzato nel territorio bresciano l’ho riscontrato raramente altrove.

Vero che volano parole grosse, perchè da sempre i Bresciani ‘parlano’, al bar, nelle piazze, nelle sedi istituzionali, con linguaggio colorito e ’senza peli sulla lingua’, in un dialetto simile al bergamasco, ma addolcito dal prolungato dominio della Repubblica di Venezia, e dai numerosi e ripetuti contatti con altre civiltà e culture: perchè i bresciani sono da sempre anche MIGRANTI, ovunque nel mondo.

Ho in orrore le idee razziste e xenofobe e le conseguenti pratiche leghiste, ma al contempo penso sia sbagliato prendere sempre e soltanto Brescia come esempio di città e territorio leghista.

VORREI IL DISEGNO DI UNA PECORA

VORREI IL DISEGNO DI UNA PECORA

Fin dal tempo dei Galli celtici, i Bresciani sono sempre stati ‘contro’ ogni limitazione della loro libertà, delle loro autonomie (in particolare nelle tre valli che confluiscono nella città di Brescia, dove già nell’anno 1000 si costituivano i primi Comuni) che hanno rivendicato contro etruschi, goti, milanesi, franchi, spagnoli, veneti illuminati e, a volte altrettanto illuminati, asburgici austriaci, così come dalle valli sono scesi a contrastare i Francesi e Napoleone.

Ma Brescia, città e valli, è anche terra di arte e cultura, di umanesimo, rinascimento, illuminismo, scienza, tecnica, tensione al futuro che unisce saperi, sapori, umori, relazioni umane, passioni anche aspre.

Cito per ora solo un link a un mio vecchio blog

http://brixia.splinder.com/

una pagina del mio blog, Memoria e Memorie
http://www.centromimir.it/memoria-e-memorie/

e un video, di Paola Pandolfini

http://www.youtube.com/watch?v=2ST9mBg3gzs

poi magari, se interviene qualcuno, continuo.

In sintesi, ritengo sia un grave errore confondere il particolare ’stile comunicativo’ dei Bresciani, che ha anche i suoi aspetti ‘ruspantemente’ positivi, e l’antica passione per la caccia, con questioni ben più profonde, come la reale capacità di accoglienza e di dialogo col ‘diverso’, tipica di queste terre.

In particolare la Sinistra, che ha perso il Nord Italia, e anche Gianfranco Fini, dovrebbero riflettere bene come distinguere sostanza e apparenza, perchè forse la ‘chiave’ per trasformare anche Brescia, come Firenze, in una città di punta per un nuovo rinascimento italiano, c’è già…

Un esempio di bresciano che molto prima che esistesse la Lega, come il sudtirolese/altoatesino Alexander Langer, si batteva per il recupero e la sopravvivenza delle culture locali, e per un vero federalismo:

Gian Butturini


Brescia La particolare storia e cultura bresciane oggi e negli scorsi millenni

La storia e la cultura bresciane, oggi e negli scorsi millenni, a partire dalla colonizzazione camuna e celtica, seguita da quelle etrusca, romana, longobarda, veneta, francese, spagnola, austriaca e italiana, ha delle particolarità tali da rendere davvero speciale il territorio delle Tre Valli (Camonica, Trompia e Sabbia, e della pianura, delle montagne e dei laghi (Iseo, Garda, Idro, Ledro e gli incantevoli laghetti alpini)

Brescia Piazza Loggia in Second Life

Brescia Piazza Loggia in Second Life

Non solo fin dalla più remota antichità (5-7000 anni orsono) si sono qui intrecciati interessi minerari (estrazione del ferro e di altri preziosi minerali) e dunque artigianali e industriali, con i pascoli alpini (la malga, l’alpeggio) e l’agricoltura della campagna che si estende verso i territori di Mantova e Cremona, ma la posizione geografica stessa, all’incrocio tra popoli ed etnie di provenienza diversa hanno favorito il confronto e lo scambio fino a costituire ancor oggi le basi della pacifica convivenza di genti provenienti dai quattro angoli del globo, dopo che per secoli i bresciani sono stati loro stessi migranti, praticamente ovunque.

Questo ha favorito anche il convergere nel territorio bresciano di arti e artisti: lo si puo’ facilmente scoprire dall’architettura di Brescia, con il suo cuore romano, ma anche veneto e toscano – rinascimentale, e però anche girovagando per le valli, nei più sperduti paesini.

Brescia che verra, in Second Life

Brescia che verra', in Second Life

Come Marmentino, ad esempio, il cui toponimo rimanda forse al carcere Mamertino presente nell’antica Roma, da cui i colpevoli di reati più gravi venivano damnati ad metalla, ovvero spediti a cavare ferro in Valle Camonica e in Valle Trompia, come testimoniano, tra l’altro, i pochi resti intatti delle antiche strade romane che attraversavano, in quota, longitudinalmente le valli alpine.

Intorno all’anno 1000. Marmentino e i comuni limitrofi dell’Alta Valle Trompia (a nord di Gardone) furono tra i primi a rivendicare le proprie autonomie federandosi in comunità (una nobile famiglia, le donne di Fusio, di origine valsabbina, donarono al comune di Marmentino il proprio territorio, ad esempio), e queste autonomie furono a lungo riconosciute e tutelate dalla Serenissima Repubblica di Venezia

Il carteggio della famiglia Zubani

Venerdì 16 gennaio scorso nella chiesa parrocchiale dei SS. Cosma e Damiano di Marmentino è stato presentato ufficialmente il volume relativo al carteggio della famiglia Zubani; relatori il sindaco Mario Nicolini, il presidente della Provincia architetto Alberto Cavalli, il professor Sandro Fontana docente universitario a Brescia, la professoressa Piera Tomasoni docente universitaria a Pavia e il professor Idelfonso Corini assessore alla cultura della Comunità Montana di Valle Trompia, coordinatore Carlo Sabatti

Pubblicato il pregevole ed inedito carteggio della famiglia Zubani dagli ultimi decenni dell’800 alla metà del ’900 – curatrice la professoressa Elena Pala Zubani. Il volume edito dalla Com&Print di Brescia è stato voluto dall’Amministrazione Comunale di Marmentino.

Nella premessa al libro, davvero prezioso, Mario Nicolini, sindaco da un decennio, fratello del compianto mons. Giulio (vescovo di Cremona), rimarca le caratteristiche dell’operoso e solatìo Comune montano di Marmentino, la cui vita riemerge significativamente nelle pagine delle missive degli Zubani e dei loro corrispondenti: «A Marmentino, con le contrade di Ville, Dosso e Ombriano – scrive lo storico Carlo Cocchetti nel volume “Brescia e sua provincia” (p. 271), edito a Milano nel 1858 – «si raccolgono noci e funghi d’antana. […] L’Oratorio dell’Assunta a Dosso venne edificato nel XIV secolo, e unito alla parrocchiale nel 1459.
La cartolina inviata da Ippolita Zanardelli, sorella del celebre  statista bresciano, a Cicino ZubaniLa parrocchia ha quadri dei tre nostri migliori cinquecentisti».
Nel 1898 Gustavo Strafforello in “La Patria – Geografia dell’Italia – Provincie di Bergamo e Brescia” (p. 352) specifica che il territorio del Comune di Marmentino, con 786 abitanti, «si trova nell’interno dell’alta Val Trompia, alla sinistra del Mella e sulle scoscese pendici del monte Ario (1757 m.), dividente questa vallata dalla contigua Val Sabbia. Il Comune di Marmentino è assai frazionato. – Marmentino, villaggio capoluogo, non conta più di 230 abitanti e trovasi a 825 metri sul livello del mare. Ha una discreta chiesa parrocchiale», con «una pala d’altare di buonissima scuola, attribuita al Tiziano, ma più probabilmente opera del Moretto. Altro dipinto, non privo di pregio, in questa chiesa è un Sant’Antonio, assai guasto e dovuto al bresciano Lattanzio [Gambara]. Frazioni di questo Comune sono: Ombriano (891 m.) e Ville (825 m.). […] Santo Zubani, poeta dialettale bresciano, maestro elementare e  segretario comunale di Marmentino, tra le vie di Dosso di Marmentino
Il suolo di Marmentino è abbastanza fertile: dà frumento, segala, canapa, patate, barbabietole ed altri prodotti. Ha ricche boscaglie cedue e d’alto fusto, nonché estesi pascoli, dai quali è assai favorito l’allevamento del bestiame, industria principale del luogo».
Marmentino è il paese d’origine degli Zubani, il cui carteggio è valorizzato in questa edizione che è testo di acuta umanità ed insieme di storia ‘nostra’ dagli ultimi vent’anni dell’800 agli anni Quaranta del secolo scorso. L’Amministrazione Comunale di Marmentino è orgogliosa di quest’opera che vuol essere un omaggio alla gente di questo borgo della Valle del Mella, povero nella sua economia montana di sussistenza che ha costretto molti ad emigrare per lavoro, ma ricco di opere d’arte, come ricordano gli storici citati. Basterà nominare la mirabile pala maggiore del Redentore con i SS. Cosma e Damiano, ora concordemente attribuita al grande Moretto da Brescia, lo stupendo S. Antonio abate, già assegnato al Gambara, ma – liberato dalle ridipinture che l’avevano sfigurato – più giustamente dato al Bonvicino ed il raffinato quadro della Madonna del Rosario di Pietro Maria Bagnatore, opere conservate nella parrocchiale dei SS. Cosma e Damiano, e poi la deliziosa tela di S. Rocco di Ombriano e la meravigliosa pala dell’Assunta del Dosso, entrambe firmate dal Bagnatore. La  cartolina inviata da Jeannette a Peppino Zubani nel 1914
Proprio al Dosso vivevano gli Zubani del carteggio. Non è casuale la pungente nostalgia di Cenzo che dalla Sardegna dove lavorava come chimico sogna le feste grandi celebrate al Dosso per l’Assunta. Il maestro e poeta Santo – tra l’altro – parla delle sue esperienze come insegnante elementare e come segretario comunale nel suo paese natio; intensa anche se breve è l’esistenza di Peppino, addolcita dal tenerissimo amore di Jeannette, personaggio di sublime delicatezza; don Franco è combattente e cappellano militare; Teresa Mazzoldi, sposa di Santo, è cugina degli Zanardelli, tra cui spicca l’onorevole Giuseppe, presidente del Consiglio. Non mancano cenni al grande statista, la cui famiglia era originaria di Collio, ed ai liberali zanardelliani. Un mondo di affetti, di difficoltà, di accettazione delle fatiche del vivere, di speranze e sogni, piccolo e grande universo d’un paese di montagna, in cui pulsano le ragioni della fede e la religione del lavoro.
Siamo profondamente grati alla professoressa Elena Pala Zubani che ha voluto donarci un’opera così viva e fonte di arricchimento umano e culturale.
Commoventi la cura e la passione dedicate all’interessantissimo carteggio che fissa negli annali della storia vicende emblematiche dell’antica terra di Marmentino, di cui la sua gente è legittimamente orgogliosa».
Fabio Ferraglio, sindaco di Sarezzo, nuovo presidente della Comunità Montana che ha patrocinato l’opera, sottolinea: «Così vera e viva appare la nostra Valtrompia fra le righe delle centinaia di lettere dell’epistolario Zubani. Questo mi è parso, fra i molti, il pregio più significativo della splendida opera curata dalla professoressa Elena Pala Zubani e voluta dall’Amministrazione Comunale di Marmentino. Uno sguardo dall’interno, una descrizione non stereotipata, uno spaccato di vita vissuta che fa riecheggiare, in tutti noi, il richiamo di una storia che, seppure un po’ distante cronologicamente, ci appartiene e ci accomuna.
Il tono familiare, le espressioni di delicata intimità, la commozione che pervade le missive dal fronte: tutto, in questo epistolario, evidenzia la grande umanità, l’attaccamento ai valori di sempre tipico della nostra gente. Una sorta di filo rosso che attraversa e unisce le generazioni di valtrumplini.
Un cenno doveroso alla documentazione fotografica così straordinaria e per certi versi sorprendente che ci riconsegna un mondo forse troppo presto dimenticato e che merita di venire riscoperto e offerto alla riflessione e all’analisi delle nuove generazioni.
Alla professoressa Elena Pala Zubani, a Mario Nicolini e alla sua amministrazione, va il ringraziamento della Comunità Montana di Valle Trompia per averci regalato un dono così particolare e prezioso».
L’architetto Alberto Cavalli, presidente dell’Amministrazione Provinciale di Brescia, che pure è sponsor dell’importante pubblicazione, ha voluto specificare le peculiarità dell’opera, data accuratamente alle stampe e ricchissima di riferimenti di storia e profonda umanità: «Un’edizione di fonti è sempre un’opera culturale pregevole, non solo perché mette a disposizione contenuti di conoscenza poco noti o difficilmente accessibili, ma soprattutto perché consente ad una comunità di riconoscersi nel passato che le è proprio. Il vasto territorio bresciano custodisce, nella varietà delle sue forme e nella suggestione di suoi paesaggi, un patrimonio culturale ricchissimo, in larga parte ancora da scoprire», rileva il presidente Cavalli, aggiungendo: «Le opere e i giorni del maestro e poeta Santo Zubani, della moglie Teresa Mazzoldi, dei loro figli e delle sorelle del grande statista bresciano Giuseppe Zanardelli – del quale ricorre il primo centenario della morte, che la Provincia ha celebrato con una prestigiosa mostra al Vittoriano di Roma e nei luoghi bresciani che hanno inciso nella sua vita di politico e giurista – rivivono, dunque, in questo epistolario, amorevolmente edito e commentato dalla professoressa Elena Pala Zubani di Marmentino.
Si tratta di uno squarcio di grandissimo interesse che documenta – attraverso la corrispondenza privata dei Mazzoldi, degli Zubani e dei cugini Zanardelli – le vicende umane della provincia bresciana, tra la fine dell’Ottocento e l’intero Novecento.
Sullo sfondo c’è l’alpestre, solatio e bellissimo paese di Marmentino, in Alta Valtrompia. Non mancano accenni a Irma, Gardone, Tavernole, Brescia, Bergamo e Milano, luoghi che hanno raccolto le tracce del tempo, i personaggi, le loro vicende e consuetudini.
Esemplari e di grande rilevanza sono le missive che Cenzo Zubani inviò dalla Sardegna, nelle cui miniere lavorò tredici anni come chimico. Struggente, appassionato e tragicamente breve l’amore tra Jeannette, affascinante e misteriosa giovane milanese, e Peppino Zubani, scomparso all’età di ventitré anni. Commoventi le lettere dal fronte del sacerdote valtrumplino, don Franco Zubani, detto Cicino, che testimoniano ansie, dolori, nostalgia pungente per l’amatissima “piccola patria” di Marmentino, la terribile sofferenza causata dal distacco dai propri familiari durante la prima guerra mondiale.
Altrettanto coinvolgente il capitolo sulle vicende di don Franco, tenente cappellano militare in Africa Orientale durante la seconda guerra mondiale: un susseguirsi di episodi, lieti e tristi, a scandire le esistenze, indubitabilmente sorrette dalla fede in Dio.
Il volume, denso di note puntuali e di riferimenti bibliografici, è arricchito da splendide immagini e vecchie fotografie che fanno rivivere molti aspetti di un mondo ormai sbiadito. Prezioso approfondimento di un periodo storico che fa compendio di una comunità che ritrova le ragioni dello stare insieme.
Ad Elena Pala Zubani il merito, nato da un appassionante attaccamento a Marmentino ed alla Val Trompia, di aver tratteggiato un affresco carico di ricordi, di nostalgia e di vita vera».
La presentazione del libro, edito ‘per felice iniziativa’ del Comune di Marmentino, è dovuta alla professoressa Piera Tomasoni, docente presso l’Università di Pavia, la quale sostiene che: «Il carteggio Zubani, di ambiente piccolo borghese, relativamente benestante, non entra nell’universo popolare in senso proprio: ma ciò non toglie nulla al suo interesse.
Da queste lettere, dovute a vari corrispondenti e addensate soprattutto nell’arco di anni compreso tra il 1890 e gli anni Venti del secolo scorso, emerge uno spaccato significativo della vita e delle aspirazioni della classe media della provincia bresciana: attiva e tenace nella costante ricerca di migliorare la propria condizione, laboriosa, ottimista, e profondamente legata ai valori della famiglia, della fede e delle proprie tradizioni.
Le voci che qui si susseguono, oltre a quelle di Santo e della moglie, sono quelle di tre dei loro quattro figli: Don Franco, con lettere degli anni giovanili di studente a Brescia, e poi del servizio militare sui fronti della prima guerra mondiale, fino alla prigionia in Kenya, durante la seconda, testimoniata in sintetiche ed efficaci note di diario; Cenzo, che lavorò per molti anni come chimico presso le miniere di Ingortosu, in Sardegna; Peppino, volontario durante la Grande Guerra e morto giovane, di tubercolosi.
Spiccano tra tutte, a mio parere, le lunghe, bellissime lettere dalla Sardegna di Cenzo, che si alterna, nello scrivere, con la moglie Teresa. Si leggono come un romanzo, che racconta dell’impegno, delle difficoltà, dei sacrifici e dei frequenti momenti di sconforto in un ambiente sentito così lontano ed estraneo, qualche volta ostile, dai due giovanissimi emigranti; ma che dice anche delle speranze e del calore affettuoso, che viene dal colloquio quasi quotidiano con i parenti lontani, e che alimenta la voglia e la capacità di andare avanti.
Si apprezza anche la scrittura, ricca, pastosa nelle lunghe e particolareggiate descrizioni dei luoghi, e spontaneamente efficace nel resoconto, spesso minuzioso, di una vita e di una mentalità così diverse da quelle del “Continente”.
La curatrice del volume, Elena Pala, una giovane e promettente studiosa, che ha anche, e prima di tutto, il merito di aver ritrovato il carteggio, trascrive gli originali con cura e fedeltà, rispettosa anche delle piccole scorrettezze che talora sfuggono a questi scriventi, ben scolarizzati e complessivamente al di fuori del dominio popolare.
Lo studio dettagliato di queste importanti testimonianze della scrittura comune, colta a un livello non basso, sono oggetto di una fase della sua indagine tuttora in corso, che offrirà un utile contributo anche da questo punto di vista.
A Elena Pala, che si è assunta con competenza ed entusiasmo l’impegno della ricerca, e alle Istituzioni, che con intelligente lungimiranza hanno promosso la pubblicazione di un volume importante, i rallegramenti per i risultati conseguiti. Ai lettori, il piacere di una bella riscoperta», gradita grazie anche alle stupende cartoline d’epoca e ad alcune riproduzioni a colori, di grande suggestione e pregio, che impreziosiscono il volume, la cui rilevanza travalica la Valle del Mella.

Carlo Sabatti

http://www.giornalevaltrompia.com/archivio

1 commento:

  1. Mi dispiace ma di tutte queste qualità che hai visto nei Bresciani non se ne è accorto nessuno. Da queste parti sembra proprio che il razzismo, la diffidenza nell'altro siano insiti nel DNA dei Bresciani.La situazione è grave e lo vedo tutti i giorni a scuola. Bisogna fermare chi butta benzina sul fuoco altrimenti la cosa precipita.

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