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lunedì 7 aprile 2008

Percorso infuocato per la fiaccola olimpica per i diritti umani calpestati in Tibet



Il percorso della fiaccola olimpica

(fonte: http://torchrelay.beijing2008.cn/en/journey/map/)

Il percorso della fiaccola


(6 aprile 2008)


Pechino 2008: la torcia olimpica fa il giro del mondo. Da Atene alla Cina, toccando i cinque continenti. L'interattivo

(animazione dal sito ufficiale della torcia olimpica)

La Repubblica



Per il futuro del TIbet resta soluzione della Via di Mezzo


In un discorso pronunciato ieri a Dharamsala, sede del governo tibetano in esilio in India, il Dalai Lama ha ribadito le grandi difficoltà in cui vive il popolo tibetano e ha accusato le autorità cinesi di fare dichiarazioni menzognere nei suoi confronti. Ma ha ripetuto di non essere favorevole al boicottaggio delle Olimpiadi in Cina e di volere,"per il futuro del Tibet, una soluzione nell'ambito della Repubblica Popolare Cinese (la cosiddetta VIa di Mezzo). Nel suo discorso - riportato oggi per intero su Repubblica - il Dalai Lama sostiene che è "assolutamente falsa" l'accusa rivoltagli da Pechino di "aver istigato e orchestrato gliavvenimenti in Tibet. (...) Io ho ripetutamente lanciato appelliaffinché un ente indipendente e internazionale si facesse carico di un'inchiesta approfondita per valutare quanto è accaduto.(...) Se la Repubblica Popolare Cinese ha in mano prove e testimonianze a supporto delle affermazioni fin qui fatte, dovrebbe renderle note al mondo intero. Fare dichiarazioni non supportate da prove non è sufficiente". "Per il futuro del Tibet - continua il leader spirituale tibetano- ho deciso di trovare una soluzione nell'ambito della Repubblica Popolare Cinese: dal 1974 sono rimasto fedele all'approccio reciprocamente vantaggioso della Via di Mezzo. Ormai il mondo intero lo conosce: significa che tutti i tibetani devono essere governati da un'amministrazione che goda di una significativa autonomia regionale e nazionale, con tutto ciò che questo comporta - autodeterminazione, piena responsabilità decisionale -tranne che per le questioni inerenti alle relazioni estere e alla difesa nazionale. Tuttavia, sin dall'inizio ho detto che i tibetani hanno il diritto di decidere il futuro del Tibet". "Ospitare i Giochi Olimpici quest'anno - spiega il Dalai Lama -è motivo di grande orgoglio per il miliardo e duecento milioni dicinesi. Fin dall'inizio ho appoggiato la decisione di disputare le Olimpiadi a Pechino. La mia posizione è immutata. Credo che itibetani non dovrebbero ostacolare in nessun modo i Giochi: ma èdiritto legittimo di ogni tibetano lottare per la propria libertàe il rispetto dei propri diritti". Poi l'appello alla non violenza: "Voglio sollecitare i miei concittadini tibetani che vivono fuori dal Tibet a essere quanto mai vigili. (...) Non dovremmo impegnarci in nessuna azione che possa anche minimamente essere considerata violenta. Perfino in presenza di provocazioni, non dobbiamo mai permettere che i nostri valori più preziosi e profondi siano compromessi. Credo fermamente che conseguiremo il successo seguendo la strada della non-violenza. Dobbiamo essere saggi, comprendere da dove nascono l'affetto e il supporto dimostrati senza precedenti per la nostra causa. Infine, desidero ripetere ancora un'ultima volta il mio appello ai tibetani affinché pratichino la non-violenza e non si allontanino mai da questo cammino, per quanto grave possa essere la situazione".

http://notizie.alice.it/notizie/esteri/2008/04_aprile/07

La Cina ed i diritti umani in Tibet

di GIUSEPPE TALARICO, lunedì 07 aprile 2008

Sabato scorso, mentre sui giornali italiani e stranieri venivano raccontati gli episodi di brutale violenza di cui sono vittime i monaci buddisti e i cittadini del Tibet, il presidente Sarkozy ha dichiarato che non sarà presente alla inaugurazione delle olimpiadi in Cina ad agosto, se la repressione del governo cinese dovesse continuare. Le notizie e le immagini che sono trapelate da Lhasa e da altre città del Tibet, malgrado la censura imposta dal regime comunista, hanno confermato che l'esercito cinese continua a reprimere la sommossa popolare con la forza, continuando ad uccidere persone inermi ed indifese, le quali protestano pacificamente chiedendo la libertà di culto.


L'orrore e l'indignazione che l'opinione pubblica delle società libere e democratiche ha manifestato in varie forme, si pensi a quanto è accaduto a Londra mentre sfilava la fiaccola olimpica per le vie della capitale inglese, non ha prodotto alcun cambiamento significativo in Tibet né l'auspicata cessazione delle attività di repressione, attuate dal regime comunista cinese. Storicamente questa terra, amata dai turisti di tutto il mondo per la bellezza incomparabile del paesaggio ricco di una amena vegetazione e per le montagne che svettano maestose in cielo, ha conosciuto in passato diverse forme di oppressione.


Agli inizi del novecento, mentre stava per concludersi la dinastia imperiale che ha dominato la Cina nei secoli, gli inglesi, già presenti in India nel periodo del colonialismo, invasero il territorio tibetano perpetrando una serie di violenze contro questa popolazione pacifica e tollerante. Il Tibet, durante la rivoluzione culturale promossa da Mao Zedung, dovette subire la violenza delle guardie rosse, le quali avevano il compito di rieducare la popolazione, perchè abbandonasse la fede e le credenze religiose e fosse guidata ad aderire alla visione del comunismo, delineata dal timoniere nel famoso libretto rosso. In quel periodo, durante gli anni del secondo novecento, in Tibet i monasteri tibetani, simbolo di alta spiritualità e tolleranza e pace, vennero devastati, i monaci subirono torture fisiche e psicologiche di inaudita ferocia e di inenarrabile brutalità.


All'inizio degli anni ottanta, dopo che il Dalai Lama, guida spirituale dei monaci Buddisti era stato costretto ad abbandonare il Tibet e a rifugiarsi nella vicina India, la modernizzazione capitalista, la quale stava dispiegando i suoi effetti in Cina, ha raggiunto e investito questa regione, mutandone la struttura economica. Il regime comunista cinese per accrescere e rafforzare il proprio dominio politico ed economico su questo paese, vi ha trasferito l'etnia han , la quale ha investito nelle attività economiche, divenendo la protagonista principale della modernizzazione tibetana guidata dal regime dispotico di Pechino.


Secondo alcuni osservatori, il motivo e la ragione che hanno scatenato la protesta dei monaci tibetani in questo momento non dipende né dalle prossime olimpiadi, che si terranno ad agosto in Cina, né dalla volontà, per la minoranza buddista tibetana, che si considera vittima della oppressione del regime comunista, di ricevere l'agognata visibilità mediatica dai media nel villaggio globale. La ragione che spiega l'emergere e il manifestarsi della protesta pacifica dei monaci buddisti in Tibet, come risulta dalle dichiarazioni rilasciate in esilio dal Dalai Lama, è dovuta alla preoccupazione che questa forma impetuosa e inarrestabile di modernizzazione capitalistica, che sta modificando la struttura economica e sociale di questa regione della Cina , possa generare e provocare la distruzione e l'annientamento della tradizione e della identità spirituale dell'antico popolo tibetano.


Non a caso la comunità internazionale, che segue con apprensione quanto accade in Tibet, ha sentito con preoccupazione risuonare una espressione, nelle analisi degli esperti, il cui senso è inequivocabilmente netto e chiaro: in Tibet esiste la possibilità ed il rischio che si consumi un vero genocidio culturale. Che cosa può fare la comunità internazionale per ottenere il riconoscimento da parte del regime comunista di Pechino delle legittime istanze avanzate dalla popolazione tibetana? Secondo Federico Rampini, che vive in Asia da moltissimo tempo e conosce i problemi di questi Paesi su cui ha scritto libri pregevoli, l'impotenza sia Europea sia Americana deriva da precise ragioni economiche.


Le riserve monetarie accumulate dalla Cina in questi anni di crescita economica impetuosa, la cui entità è di 16OO miliardi di dollari, sono indispensabili, in questo momento di grave crisi economica, per sostenere la debole e vacillante economia americana, sicchè appare improbabile che l'amministrazione americana possa porre la questione della violazione dei diritti umani in Tibet nei riguardi del regime dispotico di Pechino, con cui ha relazioni economiche così rilevanti. Ancora una volta, come spesso è accaduto nella storia umana, la logica del denaro prevale sui valori della cultura e della civiltà di un popolo, civile, pacifico, tollerante, come quello tibetano e portatore di un alto e nobile messaggio di pace.


Per altri studiosi ed osservatori delle vicende cinesi, ciò che colpisce nella trasformazione di questo grande Paese è l'aspetto nuovo e sorprendente che ha assunto la modernizzazione capitalistica, per effetto del quale alla nascita di un libero mercato non ha fatto seguito, come sarebbe dovuto avvenire, l'avvento in Cina di una autentica democrazia liberale, che soppiantasse il regime comunista. In seguito alla caduta del muro di Berlino ed alla capitolazione del socialismo reale, sembrava che l'affermazione del modello di sviluppo fondato sul libero mercato potesse favorire la diffusione della democrazia liberale in tutto il mondo.


Purtroppo, in Cina questa previsione è stata smentita, sicchè abbiamo visto sorgere un sistema ibrido, mai in passato sperimentato nella storia umana, basato sulla coesistenza fra libero mercato e autocrazia politica. Speriamo che in futuro l'evoluzione democratica della società cinese sia possibile.


http://www.agenziaradicale.com

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